Sono passati ormai più di vent’anni dall’epoca d’oro delle avventure grafiche. Questo genere, in cui il ragionamento primeggia sull’azione, ha raggiunto il suo apice con capolavori come Monkey Island, Indiana Jones and the Fate of Atlantis, la saga di Gabriel Knight, Myst, Blade Runner, Grim Fandango e tanti altri ancora, per poi scomparire quasi del tutto dalla scena. Poi, negli ultimi dieci anni, il genere sembra essere rinato, di certo grazie alla riedizione di vecchie glorie, ma anche per lo sforzo profuso da Telltale Games nella creazione di nuove avventure. E evidentemente, come scoprirete leggendo questa recensione, grazie al gioiellino proposto da CBE Software: J.U.L.I.A. Among the Stars.
Rachel, Mobot e J.U.L.I.A.
La vicenda narrata in J.U.L.I.A. Among the Stars ruota attorno a tre protagonisti: l’astrobiologa Rachel Manners, l’intelligenza artificale J.U.L.I.A. e il robot d’esplorazione Mobot. Dopo un lungo sonno criogenico, Rachel viene improvvisamente risvegliata da J.U.L.I.A. perché la loro astronave, la Probe, ha subito dei danni seri in seguito all’impatto con dei meteoriti. Rachel scopre di essere sola: non c’è traccia degli scienziati e dell’equipaggio partiti con lei per esplorare un nuovo sistema solare e per svelare le origini di uno strano segnale. Inoltre, i danni alla Probe hanno avuto delle conseguenze anche per J.U.L.I.A., che ha perso parte delle memorie e non è dunque in grado di rispondere a tutte le domande di Rachel.
Ora, la Probe ruota nell’orbita di uno strano e pericoloso pianeta, in cui è installata una base della spedizione. Il livello delle radiazioni emesse attorno all’edificio è estremamente alto, inadatto alla sopravvivenza di un essere umano, e J.U.L.I.A. non vuole che Rachel lo visiti personalemente. Al suo posto, l’intelligenza artificiale fa sbarcare Mobot, il robot d’esplorazione. È subito chiaro che la base non è più operativa e la scoperta di un cadavere fa capire che qualcosa di brutto, di molto brutto, è accaduto al suo interno.
J.U.L.I.A. Among the Stars comincia in questa maniera, con un’indagine che mira a far luce sui crimini perpetrati nella base. Dopo aver svelato questi misteri, Rachel, J.U.L.I.A. e Mobot potranno esplorare l’intero sistema solare e incontrare razze aliene, per poi scoprire che in verità quello che è successo nella base è solo una piccola parte di un disegno molto più grande.
La storia di J.U.L.I.A. Among the Stars è intrigante, mai scontata, e riesce più volte a sorprendere il giocatore. Oltre a un’ottima narrazione, il gioco riesce a parlare di vita e di evoluzione, a far riflettere su tematiche esistenziali e a affrontare argomenti complessi come la pazzia o la solitudine. Tutto questo avviene con un’intelligenza disarmante da parte degli sviluppatori di CBE Software, che evitano giudizi morali, passano dal serio al faceto e spingono il giocatore a far scelte non facili. La storia di J.U.L.I.A. Among the Stars è certo una Grande Storia di avventura, ma anche una riflessione sull’uomo, con un finale che non può lasciare indifferenti.
Nello spazio, nessuno vi sentirà chiedere aiuti
J.U.L.I.A. Among the Stars propone al giocatore di muoversi in ambienti rappresentati con schermate fisse. La visuale cambia quando si accede a un enigma, ci si connette a un terminale, si consulta la mappa spaziale o si decide di analizzare un oggetto. Gli enigmi richiedono principalmente la risoluzione di mini giochi e in qualche raro caso l’utilizzo di oggetti in un posto preciso. In altre parole, a livello di struttura dell’avventura J.U.L.I.A. ricorda piuttosto uno Zork Nemesis che un Monkey Island!
La difficoltà degli enigmi si assesta in generale su un livello medio-basso, almeno per chi è abituato a giocare a delle avventure grafiche. La memoria del giocatore è spesso sollecitata per ricordare codici di accesso, anche abbastanza lunghi, e soprattutto gli eventi narrati dalla storia. Quest’ultima è più volte al centro delle meccaniche di gioco: J.U.L.I.A. Among the Stars richiede infatti in varie situazioni di ricostruire o riordinare nel tempo una parte più o meno grande delle vicende. È dunque importante essere particolaremente attenti a tutto quello che viene narrato nelle discussioni fra personaggi e ai messaggi accessibili nei computer. E questo può avvenire soltanto con una discreta conoscenza dell’inglese, dato che il gioco non è tradotto. Se non lo parlate per niente, sappiate che finire J.U.L.I.A. potrebbe diventare una sfida estremamente difficile e che vi perdereste il senso di una storia molto appassionante.
Un peccato veniale nelle meccaniche di J.U.L.I.A. Among the Stars è quello di ripetere certi enigmi a più riprese, tra le tre e le cinque volte: nella maggior parte dei casi, la difficoltà aumenta e il fatto di conoscere già la strategia di risoluzione non disturba. Purtroppo, il primissimo mini gioco proposto sfugge a questa regola: il fatto di riproporre una decina di volte di fila lo stesso schema di risoluzione tende a annoiare e dà una prima idea fuorviante di questo bel gioco.
Mondi da contemplare
Tecnicamente, J.U.L.I.A. Among the Stars se la cava egregiamente. Graficamente, i vari pianeti e basi spaziali sono piuttosto belli e dettagliati, anche se tendono a mancare di profondità, dando al giocatore l’impressione di essere sempre in spazi ristretti, anche all’aperto. L’utilizzo di schermate fisse può forse sembrare strano ai novizi di avventure grafiche, ma è una scelta azzeccata per poter interagire con l’ambiente in maniera semplice e intuitiva. J.U.L.I.A. among the Stars può essere giocato a due risoluzioni; al livello più alto, il testo è a volte di dimensioni troppo ridotte e può risultare difficile da leggere per chi avesse problemi di vista.
La musica è di ottima fattura, a volte splendida, e si adatta alla situazione di gioco grazie all’utilizzo di algoritmi procedurali. Anche il parlato è di alto livello, nonostante Mobot abbia un accento abbastanza marcato, che a volte può far sorridere.


Il giudizio degli eterni
J.U.L.I.A. Among the Stars merita assolutamente di essere giocato. Gli appassionati di avventure grafiche riscopriranno di certo l’amore per il genere, nonostante la sfida non sia delle più ardue e l’avventura si finisca in circa 12-15 ore. Gli altri farebbero comunque bene a provarlo: potrebbero restare affascinati da questo tipo di gioco, grazie a un titolo molto ben fatto, appassionante e di facile accesso.
Un ultimo commento… guardate il filmato che segue il testo e poi domandatevi una cosa: come possono due sole persone essere riuscite a produrre tutto questo?