The Suicide of Rachel Foster

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The Suicide of Rachel Foster

I walking sim non sono giochi mainstream eppure, spesso e volentieri, meriterebbero molta più considerazione. Gone Home, Firewatch, The Stanley Parable, The Vanishing of Ethan Carter, Everybody’s Gone to the Rapture, Dear Ester… tutti giochi davvero speciali per quanto riguarda le esperienze che vivremo durante la partita. Per definizione, un walking simulator deve avere una storia forte, in grado di catturarci per ore. Perché altrimenti subentra la noia, visto che le azioni che possiamo fare sono normalmente piuttosto limitate.

In questo panorama fatto di titoli eccellenti tenta ora di inserirsi The Suicide of Rachel Foster, sviluppato da One-O-One Games. Un titolo che si apre con un avvertimento: se siamo sensibili al tema del suicidio, è meglio dapprima rivolgersi a un amico o uno specialista, perché la salute mentale è importante quanto quella fisica.

Fa un po’ Shining

1993: il gioco si apre con Nicole, la protagonista che impersoneremo, che si sta dirigendo verso un isolato hotel in montagna. La neve turbina sull’asfalto mentre la giovane donna guida, presa tra dubbi, insicurezza e un certo disgusto per il luogo in cui si sta dirigendo. Il Timberland, il discosto hotel nelle montagne del Montana è infatti stato dei suoi genitori per molti anni e ora, con la morte del padre, Nicole deve assicurarsi delle sue condizioni prima di metterlo in vendita e voltare definitivamente pagina su un capitolo che ella considera oramai chiuso della sua vita. Arrivata nei luoghi della sua gioventù però si rende conto che l’avvocato che doveva incontrare non è arrivato e che la tormenta di neve sta peggiorando a vista d’occhio.

La donna si ritrova ben presto bloccata tra le mura dell’hotel, con la sola compagnia di Irving, un agente della FEMA collegato via radio che le consiglia di restare tranquilla e aspettare che passi il brutto tempo. Nicole si ritrova insomma bloccata tra i cupi corridoi e le stanzone sinistre del Timberland, con chiarissimi richiami all’Overlook Hotel di Stephen King. Piano piano, una volta sistemati nella suite un tempo occupata dal padre, Nicole dovrà fare i conti con il suo traumatico passato. Il suicidio di Rachel Foster, lo scandalo che colpì suo padre Leonard, la fuga di Nicole e della madre lontano dalla montagna per la vergogna. Resteremo bloccati per giorni al Timberland, scoprendo piano piano segreti, misteri, bugie e rivelazioni non soltanto su Rachel Foster ma anche su di noi, fino allo strano epilogo di questa vicenda.

A caccia di fantasmi del passato

Il tema del suicidio, che credevo centrale alla vicenda, in realtà non è che venga poi toccato in modo così profondo in The Suicide of Rachel Foster. Anche perché, senza voler spoilerare troppo, parrebbe che ce ne siano stati meno di quanto potremmo credere (sebbene, potremo scegliere in prima persona il loro numero). Durante le nostre peregrinazioni per l’hotel, a caccia di indizi e fenomeni paranormali, la sensazione predominante sarà senza dubbio l’ansia. The Suicide of Rachel Foster in questo è davvero riuscito a farmi sentire costantemente nervoso, sebbene praticamente mai spaventato. Qualche rumore ben piazzato, un’apparizione, una luce tremolante… a livello d’ambientazione siamo davvero su ottimi livelli. Il gioco riesce in modo efficace a raccontare la propria storia non solo tramite i dialoghi tra Nicole e Irving ma anche attraverso elementi dello scenario. Un esempio è l’appartamento del padre di Nicole, zeppo di libri di fisica e astrofisica, che suggeriscono un uomo colto e studioso. Però una volta entrati in camera dell’uomo troveremo libri sui fantasmi, sulle connessioni astrali e altri fenomeni esoterici che suggeriscono al giocatore un certo cambiamento nella psiche del padre di Nicole, un cambiamento della quale la donna non era nemmeno al corrente.

Quello che forse, a mente fredda, non funziona in The Suicide of Rachel Foster è il ritmo. Inizia molto bene, con il più classico dei setup e con gli iniziali segni che qualcosa non va. Il gioco prosegue molto bene per la prima oretta, con una Nicole nervosa (e di conseguenza, anche noi) ma poi ci si perde un po’ via, fino ad arrivare a un paio di momenti davvero memorabili sul finale. Quello che non va insomma è il crescendo, che non prosegue in modo graduale verso l’epilogo della vicenda. Quello che davvero non passa è il tema del suicidio. Perché non c’è nessun suicidio, a meno che non lo vogliamo davvero noi, ma piuttosto un omicidio perpetrato in un lontano passato. Quello che mi aspettavo è un gioco che parlasse davvero di suicidio, affrontando un tema del genere con maturità, magari anche senza tatto ma in modo efficace. E invece niente, è un thriller piuttosto normale. Il che, facendo un passo indietro, non è poi tanto male perché nelle tre ore necessarie per finire il gioco, non mi sono certo annoiato. È solo un peccato non aver trattato il tema che, almeno dal titolo, sembra essere centrale.

Bottom line

The Suicide of Rachel Foster non è il miglior walking simulator là fuori. L’ambientazione è davvero ben fatta, il Timberland è davvero un personaggio di questo gioco quanto Nicole o Irving e fa ottimamente la sua parte nel far montare la tensione nel giocatore al momento giusto. Ci sono anche alcune sezioni più horror, con la classica VHS zeppa di orrori passati e un blackout che ci farà andare in giro praticamente a tentoni per l’hotel. Ma nella seconda metà il gioco mostra il fianco con una trama che semplicemente non sta in piedi come vorremmo, anzi, che ci ha fatto sentire un pochino a disagio per come tratta certi temi. Per concludere: The Suicide of Rachel Foster poteva essere meglio? Sì e tuttavia, per tre ore, ci ha comunque intrigato a sufficienza per portarlo a termine.

Il gioco è già uscito su PC Steam, arriverà su Xbox One e PlayStation 4 in un secondo momento.

Ci piace

  • Atmosfera
  • Hotel
  • Tensione

Non ci piace

  • Seconda metà della storia
4.5

Scritto da : Dave

Editor in Chief di Joypad, lo trovate anche sui social @MrPipistro

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