Syndrome

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Syndrome

Uno dei giochi più terrificanti che io ricordi è Alien Isolation. Non perché è pieno di sangue o mostri orrendi, ma perché ha un modo tutto suo di infilarsi sotto la pelle del giocatore, instillando parecchia ansia e terrore. Oggi non parliamo di Alien Isolation ma di Syndrome, un titolo che, a modo suo, cerca di replicare le stesse sensazioni. Perché, come sempre, nello spazio nessuno può sentirci urlare.

syndromelogo

 

Sindrome dell’abbandono

In Syndrome ci risvegliamo dal criosonno e ci accorgiamo immediatamente che qualcosa non è andato come previsto. Non abbiamo memoria di cosa sia successo, non c’è nessuno attorno a noi a cui chiedere informazioni. La nave stellare su cui ci troviamo è in mezza avaria, sistemi importanti sono spenti o mal funzionanti. Per fortuna c’è ancora corrente ed aria a sufficienza per poter restare coscienti. Con passo malfermo, ci avventuriamo per gli stretti corridoi cercando disperatamente di scoprire perché ci siano tracce di lotta, cadaveri e distruzione attorno a noi. Ad un certo punto, una voce all’interfono. Pare che ci sia almeno una persona ancora in vita.

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Anzi, le persone ancora in vita sono due: Neomi e Jimmy. Entrambi parlano di gente impazzita, di pericoli dietro ogni angolo. Ma principalmente vogliono che sia il giocatore a fare tutta una serie di cose per riportare online i sistemi. Nonostante le loro parole, facciamo fatica a fidarci completamente di loro. Specialmente di Neomi! Ma qualcosa dobbiamo pur fare, no? La nostra avventura sulla Vulkenburg può iniziare.

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Nascosti negli anfratti

In Syndrome il combattimento spesso non è la soluzione. Mentre fuggiamo da abominevoli umanoidi di cui non sappiamo l’origine sentiremo il familiare terrore impotente che sentivamo in Isolation. Syndrome è un gioco che però usa più i classici jumpscare (gli spaventoni inattesi) piuttosto che creare una generale sensazione d’insicurezza. Combattere spesso non è la soluzione: le armi, come in ogni survival horror, sono poche e hanno pochissime munizioni. I colpi corpo a corpo sono poco efficaci e se ci troviamo confrontati con più di un nemico alla volta, finiremo spacciati. Evitare i nemici è al contempo facile e difficile. Difficile perché in certe sezioni di gioco non abbiamo scelta e dobbiamo per forza affrontarli. Facile perché, se lasciati liberi di fuggire, spesso risulta piuttosto semplice allontanarsi abbastanza per fare in modo che perdano interesse in noi. È anche possibile nascondersi, ad esempio in armadietti o in condotti d’aria. Peccato che i nascondigli siano pochi e spesso dobbiamo assolutamente sapere dove sono al fine di usarli. Il che è meno un problema di quanto pensiate perché Syndrome fa del backtracking uno dei suoi punti cardine. Dopo qualche ora conosceremo alcune zone come le nostre tasche e sapremo muoverci in modo piuttosto sicuro (mostri omicidi a parte, è ovvio). Da buon survival, anche Syndrome ci spinge a raccogliere ogni pezzo d’informazione possibile. I log, dei tablet olografici abbandonati in giro, contengono notevoli quantità di backstory oltre che a codici fondamentali per aprire porte e accedere a zone. Per quanto riguarda i salvataggi, ancora una volta come in Isolation, ci sono dei save point a cui dobbiamo fisicamente accedere. Una soluzione che aumenta l’ansia ma che, come in Isolation, non ci piace poi tantissimo.

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Orrori negli abissi

Visivamente Syndrome non è affatto malaccio. Tolta un po’ di plasticità dai modelli dei personaggi che incontriamo in gioco, il gioco sa trasmettere una buona esperienza visiva. Gli interni sono tutti ben modellati ed illuminati e sono dotati di buona complessità. Il gioco non sembra per altro particolarmente goloso in fatto di performances e gira sulla nostra macchina test (i5 6600K, 32GB RAM, GTX 1070) egregiamente, ben al di sopra dei 60 fps a 1080p. L’audio ci piace, crea una buona atmosfera di tensione anche se, a lungo andare, ci rendiamo conto che è solo atmosfera e che molti dei colpi e dei rantolii che all’inizio ci facevano tanta paura in realtà non si traducono mai in una vera minaccia.

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La nuova faccia della paura?

Risposta breve: non proprio, no. Syndrome è un gioco ambizioso con una buona atmosfera che però non riesce al 100% nel suo intento di farci una paura fottuta. La storia non è originalissima e pesca a mani basse dai cliché del genere anche se per finire la curiosità prevale e vogliamo saperne la conclusione. L’enorme quantità di backtracking, i corridoi percorsi avanti e indietro mentre completiamo l’ennesima task e l’assenza di un punto di navigazione che ci costringe ogni volta ad aprire la mappa si fanno via via noiosi. Se fosse un titolo tripla A l’avremmo bocciato senza pietà. Ma Syndrome, sviluppato da Bigmoon Studios e Camel 101 è un titolo indie. Non è Alien Isolation (se cercate un gioco horror, considerate Alien Isolation!) ma è un buon tentativo. Non lo raccomandiamo come “il gioco horror sci-fi da giocare assolutamente” ma se siete patiti del genere e cercate qualcosa di inedito, date a Syndrome una chance.

 

Ci piace

  • Grafica
  • Ambientazione

Non ci piace

  • Backtracking
  • Diventa ripetitivo
4.5

Scritto da : Dave

Editor in Chief di Joypad, lo trovate anche sui social @MrPipistro

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