Erica

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Erica

C’era una volta il videogioco. Ora c’è la sovrannaturale realtà inscatolata in una console. Definire Erica un “gioco” potrebbe essere etimologicamente sbagliato proprio per il concept di base di questo titolo edito da Sony in esclusiva PlayStation, un’esperienza sperimentale in tutti i sensi che unisce la scrittura visiva e concettuale di un film agli stilemi e all’interazione di un punta e clicca, dove le decisioni del giocatore sono fondamentali per stabilire il corso della storia che andiamo a scoprire. 

Uscito lo scorso 19 agosto, il titolo in questione riaccende i riflettori sui full-motion video games, dove ci sembra di stare controllando, o meglio dare indicazioni, alla realtà vera e propria, almeno per quanto riguarda il realismo di protagonisti e ambientazioni. Si tratta infatti della storia di una ragazza, Erica, a metà tra il mistery game e il thriller, che ci conduce per mano nel viaggio di questa adolescente alla ricerca della verità sulla morte violenta del padre, ultimo membro della famiglia rimastole in tenera età.

Un pastiche narratologico

Ci risvegliamo da un incubo a metà tra ricordo e visione, ritrovandoci in una metropoli urbana che ci volta le spalle, acutizzando l’ostilità quando riceviamo un pacco contenente una mano monca sanguinolenta e che ancora tiene tra le dita un orologio da taschino con un simbolo misterioso, ma parecchio ricorrente. Tra momenti dal sapore decisamente splatter uniti a dettagli e plot twist tipici di pura fantasia, Erica ci accompagna in un percorso dalla simbologia e ispirazione derivata da un pastiche di prodotti mediali anche parecchio diversi fra loro. Possiamo spaziare dal film La torre nera, qui assimilabile al diario degli schizzi che la ragazzina tiene da tempo, al marchio sul braccio dello sconosciuto al telefono, che si appresta a nasconderlo come i Mangiamorte in Harry Potter, o ancora la ricerca meticolosa di ogni dettaglio sulla famiglia della ragazza alla ricerca del suo passato ci ricordano Gone Home e l’alternanza di alta e bassa tensione della corrente elettrica al passaggio di esseri non ben definiti ci ricorda chiaramente il Demogorgone in Stranger Things.

Questi e altri riferimenti ancora sono diventati tessere di un puzzle che si è unito per formare Erica, la concretizzazione dell’anticonformismo convertito in tecnologia videoludica e pixel, nei mezzi e nei linguaggi. Sicuramente non troviamo elementi radicalmente originali: GTA ci insegna come diventi piuttosto frequente la volgarità nei gesti e nei linguaggi, così come in diversi altri titoli incappiamo nella violenza e nel voyeurismo truculento e psicopatico. Tutto questo contorno assume però un altro significato nel momento in cui si fa un azzardo, producendo un titolo del tutto nuovo, senza capitoli precedenti che possano sostenere in qualche modo la storia. Un azzardo sì, ma fino a un certo punto: la tecnica non va confusa né mischiata con la narrazione, la forma non con il contenuto: probabilmente Sony ha voluto accendere un po’ di più l’attenzione su questo gioco e sul fatto che sia una sorta di sperimentazione estremizzando in parte alcuni aspetti della storia, giustificabili forse per questi motivi, ma che non sempre ci hanno convinto, per ridondanza narrativa e di dettagli.

Il controllo è nelle tue dita (e sul tuo smartphone)

Come si traduce tutto questo nel gameplay? Prima di tutto, prendiamo il telefono. Sì, perché potremo usare il nostro smartphone come controller da remoto, dopo aver scaricato Erica Companion App, e potremo usare questa modalità solo collegando la stessa rete wifi sia al telefono, sia alla console. È una scelta innovativa e abbastanza comoda, ma non possiamo sostenere di non averla mai vista prima: riprende infatti la tecnologia Sony utilizzata nell’applicazione remote controller per Sony Xperia. La novità è che qui viene estesa a ogni smartphone, a prescindere dal brand di appartenenza. Oltre che aggiungere un altro tassello di originalità al gioco, viene riconsiderato il ruolo dello smartphone in quanto tale, come sostituto del controller, o meglio come alternativa. Infatti non ci è precluso il pad, ma quale che sia la nostra scelta, invieremo i nostri comandi solo tramite modalità touch: dallo schermo del telefono o dal touchpad del controller, dovremo lasciar scorrere le nostre dita per selezionare opzioni, muovere oggetti o analizzare punti di interesse.

Ogni movimento che dovremo compiere sarà indicato da fasci di luce bianca per nulla invasivi e ben intuibili, ma non sempre captati dal nostro smartphone. Per questo, riteniamo sia stato più facile controllare il gioco da pad, sia per evitare eventuali problemi di connessione, sia per sfruttare una risposta più veloce della periferica usata. Al netto di questa scelta tecnica, abbiamo apprezzato la mancanza quasi totale di impostazioni personalizzabili da menu, per poterci concentrare del tutto su questa storia immersiva e catalizzatrice, mentre ci sentiamo a metà tra lo spettatore di un film e il giocatore di un titolo che ci coinvolge in un mistero sempre più fitto e a tratti disturbante. Possiamo scegliere tra molte opzioni diverse, ognuna delle quali condurrà chiaramente a strade diverse e ad altrettanti svolgimenti diversi. Inutile dirlo: nel gioco come nella vita, anche la “non-scelta”, il silenzio, è un’opzione e ha a sua volta conseguenze sul percorso che intraprendiamo, definito man mano da una serie di step che ben si innestano tra di loro senza nessun problema tangibile di coerenza nelle varie sequenze.

Misteri da scoprire opzione dopo opzione

Da un punto di vista di comparto sonoro, le musiche di sottofondo sono abbastanza ripetitive e abbiamo notato alcune difficoltà nella sincronia del doppiaggio con il labiale degli attori, quest’ultimo in anticipo di qualche frazione di secondo rispetto alle battute dei doppiatori, ma sicuramente i sottotitoli hanno fatto la loro parte, senza problemi di traduzione rispetto alla versione originale (preferibile per coloro che possano essere infastiditi da questa problematica sicuramente secondaria, ma non del tutto trascurabile da parte del giocatore attento e puntiglioso). Anche la traduzione delle varie opzioni selezionabili sono sì abbastanza misteriose, non ci fanno comprendere del tutto la scelta che stiamo compiendo, ma rientra tutto nell’allure di un gioco che non ci fa capire quale sia il finale finché non lo abbiamo sotto gli occhi.

Assistiamo quindi a un film interattivo che ci ha coinvolto e lasciato abbastanza sconvolti di fronte alle scene che si sono parate sui nostri schermi, tra le quali evidenziamo alcune ripetizioni risultate abbastanza ridondanti e che non aggiungono alcun valore e significato interessante alla storia. Tralasciando questo aspetto, Erica è una commistione di generi e stili gradevoli nel risultato, coniugati in modo tale da poter giocare in diverse run un titolo interessante e che vale la pena esplorare nelle sue diverse pieghe narrative.

Ci piace

  • Storia
  • Scelta di periferiche di controllo
  • Grafica

Non ci piace

  • Sequenze narrative ridondanti
  • Colonna sonora
4,75

Scritto da : Blondienerdie

Pad alla mano da 6 anni, ancora mi chiedo se Squall sia vivo o morto, ma comunque nella playlist Spotify trovi la colonna sonora di FF VIII e FF VII accanto a metal, Two Steps from Hell, Hans Zimmer e i Coldplay. Sed non satiata.

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