Elliot Quest

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Ultimamente abbiamo assistito ad un grande ritorno alla pixel art e allo stile grafico a 8/16 bit, con titoli favolosi come: Shovel Knight, Hyper Light Drifter, BroForce, Shantae and the Pirate’s Curse e tanti altri ancora. Un vero ritorno al passato per tutti gli amanti del retrogaming, che hanno passato la loro infanzia o vita sulle console nipponiche.

Storia:

Elliot, sposato con una bellissima ragazza, pensa che é stato abbandonato, dopo la sua recente scomparsa. Afflitto dalla tristezza tenta invano il suicidio, scoprendo che su di lui giace una terribile e rara maledizione che lo trasformerà in un demone chiamato Satar (da lì l’impossibilità di morire). Tormentato dagli incubi e indebolendosi ogni giorno di più, Elliot visita un saggio del posto, il quale gli rivela che il demone gli sta consumando la vitalità per poi trasformarlo in sé stesso. L’unico speranza di sconfiggere tale maledizione é chiedere aiuto ai guardiani dell’isola di Urali, che a loro volta avevo già precedentemente sconfitto il demone impedendogli di impadronirsi del continente. In corsa contro il tempo, Elliot vagherà nei vari templi cercando la benedizione dei guardiani (per essere esorcizzato dal demone) e raccogliere gli indizi necessari a risolvere il mistero dei cittadini scomparsi (forse che la sua amata sia stata rapita invece di aver lasciato il povero Elliot?)

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Elliot’s Zelda Quest:

Elliot Quest riunisce diverse meccaniche di gioco già viste in passato, delle quali molte di queste riprese dal classico Nintendo Zelda 2: Adventure of Link, come: controlli, menu, UI, oggetti, nemici e la mappa principale. Inizialmente si avrà solamente la possibilità di saltare e scoccare frecce per eliminare i nemici che si presentano davanti a noi. Questi, quando sconfitti, possono rilasciare cuori, monete, sfere magiche o bombe. Affrontando i “dungeons” si otterrà per ognuno di essi una nuova abilità, come per esempio il sacco delle bombe, il vortice (permette di oltrepassare dei blocchi verdi, volare in determinate aree, stordire o indebolire i nemici consumando dei punti mana), oppure le ali per il doppio salto. Nei templi, inoltre, per proseguire nelle varie aree di gioco, si dovranno raccogliere le “classiche” chiavi normali e la chiave del boss. Per orientarci al suo interno si potrà far capo ad una mappa, che una volta ottenuta, permetterà di visualizzare nel menu principale le varie aree esplorate, inesplorate e la stanza del fatidico Boss. Non mancano porta cuori e giare verdi giganti per l’aumento della vitalità e della barra della magia.

Per raggiungere le aree principali come templi, caverne, sentieri o villaggi, si avrà accesso ad una mappa esterna con visuale isometrica. Qui si dovrà esplorarne ogni centimetro per trovare il punto d’accesso alle zone. Quando Elliot passerà sopra un punto di interesse, verrà visualizzato vicino al personaggio un fumetto con un punto esclamativo, alla pressione del tasto d’azione si accederà alla nuova zona.

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La vera “particolarità” è che si può attribuire a questo titolo é l’aggiunta dei punti statistica. Eliminando i nemici lungo il percorso, si otterranno punti esperienza che riempiendo la relativa barra ci faranno aumentare di livello. Per ogni livello ottenuto si potrà assegnare un punto statistica (nel menu principale) per aumentare le prestazioni in cinque campi: vitalità, agilità, forza, concentrazione e saggezza. Ogni statistica contiene un massimo di 5 punti, il che si traduce in un massimo di 25 livelli ottenibili Aumentare le statistiche non solo potenzierà le caratteristiche base del personaggio, ma permetterà di ottenere dei bonus come la corsa o la carica del colpo. Ovviamente questo obbligherà il giocatore a decidere, in base al suo stile di gioco, quali bonus sbloccare prima (da notare come sia possibile vedere cosa otterremo aumentando una tal statistica prima di piazzare il punto statistica).

Infine una piccola chicca: oltre alle statistiche è presente nello stesso menù l’allineamento morale del personaggio, che partendo dal “normale” può oscillare verso ”buono” o “cattivo”, sulla base delle azioni che intraprenderemo durante la partita. L’allineamento, pur non influendo direttamente sullo svolgimento della partita, sarà determinante nel finale del gioco che si presenterà al giocatore.

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Pixel-Art dove sei:

La grafica rispecchia le tecnologie degli anni ‘90 senza però apportare apparenti innovazione. Troveremo alcuni momenti in cui ci imbatteremo nell’utilizzo del parallasse e in qualche rara occasione in cui i liquidità avranno una fisica, senza però che il gioco faccia frequentemente affidamento su questi elementi per fare una reale differenza. I mostri sono caratterizzati piuttosto male, o meglio sono disegnati con dei tratti anonimi, tratti che e spesso non tengono conto dell’armonia del “character design”, portando il giocatore a chiedersi come mai determinati mostri siano disegnati con dei tratti così diversi dagli altri, senza un’apparente ragione.

Vi sono inoltre troppi elementi presi da titoli famosi e utilizzati impropriamente, cominciando dallo stesso Elliot che sembra la copia di Kid Icarus, con la sua tunica bianca, le frecce e le ali bianche, passando per lo scudo di The Legend of Zelda e i mostri saltellanti di Zelda II per finire con le barre di fuoco ruotanti di Super Mario Bros. Tenendo conto che questi sono solo gli esempi più pregnanti, questo eccesso di citazioni indebolisce la caratterizzazione facendolo apparire come privo di una propria anima, di un suo perché.

La colonna sonora risulta un po’ troppo ridondante e non si riesce proprio a spiegare perché la sola traccia musicale veramente epica del gioco sia presente unicamente nelle aree “casuali” della mappa (quelle che si generano scontrandosi con un nemico vagante per la mappa isometrica, scelta che richiama ancora una volta Zelda II, la si può sentire nel trailer in fondo alla recensione).

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Controlli Wii U Gamepad:

L ‘ottimizzazione del gioco per il Wii U Gamepad é stata eseguita in modo eccelso. Chi opterà per l’utilizzo di questo controller usufruirà del menù in tempo reale potendo visualizzare la mappa del livello, selezionare l’inventario o assegnare i punti abilità senza mettere in pausa il gioco. Il gioco supporta anche la funzione Off-Tv Play, con la quale sarà possibile giocare sul proprio controller senza la presenza del televisore, costringendo però a mettere in pausa il gioco ogni qual volta si necessiti delle opzioni del menù di gioco.

Conclusioni:

Elliot Quest non riesce a comunicare cosa realmente i programmatori vogliono offrire all’utente finale. Forse un tributo alla saga di Zelda? Ai classici Nintendo? Oppure ai giochi a 8 e 16 bit? Purtroppo queste risposte non vengono fornite e tutti questi ingredienti nel pentolone creano solo un bel minestrone. Senza contare che la storia si presenta inizialmente come un “time attack”, dove lo scorrere del tempo dovrebbe incidere in qualche modo sul personaggio. Concretamente invece non incide su alcun fattore. In compenso la longevità del gioco risulta molto buona e il prezzo è accessibile. Non saranno però questi elementi a far entrare Elliot Quest nella storia dei videogiochi. L’idea dominante su questo gioco è che lo sforzo dei programmatori di proporre ai giorni nostri un gioco in stile fine anni ’80 con una fedeltà totale alla grafica dell’epoca (a differenza di Shovel Knight, che ne riprende le meccaniche, ma mette mano all’aspetto grafico) sia andato vano. Il mancato successo nel compito crediamo non sia dovuto alla questione grafica, quanto piuttosto alla capacità di generare coinvolgimento nel giocatore, cui abbiamo già accennato.

Il gioco non appare infatti brutto a chi apprezza la grafica dell’epoca, le meccaniche riprese sono ovviamente quelle dei migliori giochi dell’epoca, non le peggiori. La trama non sembra delle migliori, ma se ripensiamo a quei tempi quasi nessun gioco esibiva una grande trama. Eppure Elliot’s Quest non riesce comunque a coinvolgere appieno il giocatore. Crediamo che questa debolezza origini da più fattori. L’eccesso di citazioni dagli altri giochi mette in ombra ciò che gli sviluppatori vogliono in realtà comunicare al giocatore, facendo apparire il gioco una copia/tributo piuttosto che l’espressione di qualcosa di originale. E dire che l’inizio prometteva piuttosto bene, con tematiche ombrose e cupe come la depressione ed il suicidio.

Inoltre le parti fondamentali del gioco, i templi, sembrano essere stati generati senza una vera interconnessione tra loro, limitandosi a riprendere i temi dell’ambiente circostante (il tempio nella foresta avrà dei temi grigioverdi, pavimenti di roccia e terra, mentre quello del deserto richiama in qualche modo l’antico Egitto). La caratterizzazione dei nemici poi è piuttosto debole, spesso slegata dall’ambiente circostante o comunque incomprensibile porta il giocatore ad essere un poco freddo nei confronti del prodotto. Sempre riguardo i nemici, le loro meccaniche di lotta sono piuttosto limitate, come lo erano a fine anni ’80, ma un eccesso di nemici lanciatori di proiettili rende il gameplay spesso tedioso (il giocatore è costretto infatti a parare e attendere il momento giusto per contrattaccare). Infine le musiche, fondamentali in questa tipologia di giochi ad influenzare lo stato d’animo del giocatore allineandolo all’ambiente o alla situazione che il programmatore gli propone, falliscono scadendo in una ripetitività priva di sussulti.

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Considerando che il successo dei giochi ai quali Elliot’s Quest si è ispirato era dovuto in misura non trascurabile al fatto che per l’epoca essi rappresentavano una novità sia per le risorse che mettevano in campo, sia per l’aspetto grafico innovativo. Cercare di ripetere l’impresa dopo quasi trent’anni limitandosi a riprodurre lo stile di quei giochi difficilmente avrebbe potuto portare al successo. Per farlo sarebbe stato necessario perlomeno riprodurre tutte le meccaniche dell’epoca in maniera più che egregia, quasi eccellente, e purtroppo non è questo il caso (ben consci della difficoltà di un tale intento). In caso al riproduzione di quello stile a livelli straordinari non fosse stata possibile si sarebbe dovuto puntare su qualche innovazione in grado di colpire il giocatore, ma l’introduzione di queste sembra sia stato frenato il più possibile, forse per restare fedeli allo stile.

In conclusione il gioco può essere veramente apprezzato solo da una ristretta cerchia di persone ossia quello zoccolo duro di retrogamers innamorati tutt’ora di quel particolare stile di gioco. Innamorati a tal punto da non soffermarsi eccessivamente sui dettagli. Sono quindi esclusi i giocatori fanatici del “nuovo” e gli “ultracriticoni”.

Written by: Neme

Ingegnere informatico e diplomato in Digital Graphic Computer Animation, sono un grande appassionato di retrogame. Nel mio tempo libero, anche se sembra una barzelletta, mi piace sviluppare videogiochi con amici e ricercare qualche perla antica da aggiungere al mio museo videoludico personale.

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