Quando si apre la possibilità di andare a visitare i laboratori dove Logitech crea, sviluppa e testa le proprie periferiche, voi cosa fareste? Se poi stiamo parlando della linea di prodotti Logitech G, la linea dedicata ai pro gamer (di cui in effetti abbiamo già parlato su Joypad a più riprese), l’occasione si fa estremamente golosa! Nella giornata di martedì 18 novembre siamo dunque saliti su un numero troppo grande di treni e metro per andare al politecnico di Losanna dove, nel Daniel Borel Innovation Center, si trovano i laboratori R&D di Logitech!
A tu per tu coi creatori
Dopo essere arrivato trafelato, in quello che temevo fosse un mostruoso ritardo, negli uffici di Logitech ho scoperto di essere il primo. La giornata è cominciata alla grande! Dopo aver consumato una frugale colazione il General Manager di Logitech G, Ujesh Desai, ci ha introdotto alle novità e alla filosofia della marca. Desai è sicuramente una persona che conosce bene il mondo del gaming su PC, avendo avuto un passato a Silicon Graphics e nVidia ed è rassicurante, dal punto di vista di un giocatore, che alla testa di una linea dedicata alle alte performances ci si auna persona che conosce l’industria da vicino. Non poteva nemmeno mancare Vincent Tucker, che sicuramente ricorderete dalla nostra intervista alla Gamescom. Anche in questa occasione non ha mancato di illustrare le qualità dei mouse G402, G502 e del nuovo G302 di cui parleremo su Joypad tra qualche settimana. Ma la vera e propria visita è iniziata dopo i discorsi, quando i responsabili e le persone del marketing hanno lasciato la parola ai veri protagonisti: gli ingegneri. Un breve giro di presentazioni e ci siamo immediatamente recati nei laboratori dove si sviluppano le tecnologie dedicate ai mouse.
L’antro dei topi
Nei laboratori sotterranei del Daniel Borel Innovation Center si sviluppano le tecnologie per i mouse sia di Logitech che di Logitech G. Ovviamente le battute sul fatto che i topi si trovino in cantina si sono sprecate, ma sono stato disposto a starle a sentire perché ciò che dovevamo vedere è estremamente interessante. Per prima cosa volevo verificare di persona se i macchinari mostrati nel video promozionale del G502, i quali illustravano i maltrattamenti subiti dalla periferica al fine di misurarne l’accuratezza e l’accelerazione massima supportata, esistessero davvero. Ed in effetti la famosa fionda che sottopone il G502 a accelerazioni molto superiori a quelle generabili dal braccio umano esiste. Il simpatico ingegnere di Logitech ci ha mostrato il marchingegno in funzione. Si tratta in pratica di un braccio metallico collegato a vari pistoni che muovono su una traiettoria semicircolare il mouse sotto test. Assicurandosi che lo spostamento sia il più possibile uniforme, senza vibrazioni e oscillazioni indesiderate, questa “fionda per mouse” permette agli sviluppatori di registrare accuratamente la risposta dei sensori. Nel caso del G502 abbiamo visto che, raggiunto un certo limite di velocità, il sensore ottico non riesce a fornire una lettura dei dati accurata. Scatta allora automaticamente l’accelerometro interno, il quale sostituisce i dati incoerenti del sensore ottico con i suoi. Ci è stato spiegato che l’algoritmo messo a punto da Logitech è in grado di fare queste misurazioni e di decidere quale sensore usare in modo autonomo, grazie al processore ARM contenuto nella periferica, senza aggiungere lag o pesare sulle capacità computazionali del computer. Cambio di laboratorio, cambio di tecnologia! Nella seconda stanza che abbiamo visto ci siamo addentrati nel difficile mondo dello sviluppo dei sensori ottici. Nella fattispecie abbiamo dato un’occhiata da vicino al processo di ideazione e miniaturizzazione del sensore di un mouse in grado di funzionare sul vetro. La sfida non è delle più semplici, dal momento che un vetro è liscio e trasparente e ben poco di presta ad essere letto da un occhio elettronico. La soluzione iniziale è stata quella di creare un prototipo che funziona tramite dei laser i quali illuminano la porzione di vetro a contatto con il sensore. Dal momento che il vetro non è perfetto e che presenta notevoli differenze di rifrazione della luce (il paragone è stato quello di un cielo stellato, pieno di punti diversi a dipendenza di dove vogliamo lo sguardo), illuminarlo con dei laser è sufficiente per permettere al mouse di catturare il movimento della mano. Una seconda sfida è stata quella di miniaturizzare il prototipo, il quale ha subito diverse migliorie e semplificazioni, ad esempio riducendo il numero di raggi laser da 3 a 2. Tale processo è ovviamente necessario per permettere un’applicazione pratica e per ridurre costi e elementi fragili nel sistema.

Un lavoro di miniaturizzazione
Il risultato ultimo è stato un piccolo sensore in grado di leggere non solo il vetro ma anche qualsiasi altra superfice. Ci è stato infatti detto che la vera sfida non è stata progettare qualcosa che funzionasse sul vetro, ma che potesse farlo sul verto e tutto il resto. La nostra visita nello scantinato dei ratti si è spostata nella camera anecoica. Per chi non sapesse cos’è (tranquilli, è una cosa abbastanza particolare), si tratta di una stanza speciale, simile alla vista alle sale di registrazione musicale, il cui scopo è quello di ridurre al massimo la riflessione dei segnali sulle pareti, al fine di simulare uno spazio aperto di dimensione infinita. Nella camera anecoica gli ingegnerei di Logitech effettuano le misurazioni sui mouse wireless, al fine di determinare la posizione migliore per l’antenna, per calibrare i trasmettitori e per misurare le emissioni radio. Dal momento che il corpo umano assorbe una notevole quantità di radiazioni, ci è stato spiegato che generalmente l’antenna wireless viene posizionata sulla parte frontale della periferica, quella più libera dall’ingombro delle nostre mani. Vi risparmio il corposo corredo di grafici che ci sono stati presentati però! L’ultima parte della visita nel seminterrato è stata la cantina, dove quei burloni di Logitech tengono nascosti i barbecue e un set completo per un complessino formato da batteria, chitarra, basso e cantante. Peccato che nessuno abbia voluto farci sentire qualche canzone però!
Di tasti e tasti
Il terzo piano dello stabile di Logitech è dedicato alle tastiere. La prima tappa della visita è stata l’immancabile e interessante presentazione tecnica. Un ingegnere Logitech, inviato direttamente dalla branca orientale del marchio, ci ha spiegato i vantaggi del design dei suoi Romer-G Switch, i tasti per tastiera sviluppati internamente. Si sa che i gamer preferiscono da sempre i tasti rumorosi, come quelli della Cherry, i quali però hanno degli svantaggi secondo Logitech. La soluzione è stata creare una tecnologia casereccia che unisce la corsa più lunga dei tasti Cherry con la sicurezza e la velocità desiderata. I Romer-G, ci è stato detto, sono di 1/3 più veloci a registrare le pressioni, contengono un sistema di doppi contatti per una maggiore efficienza e durata. Gli stress test effettuati sono davvero impressionanti: ogni tastiera viene provata ininterrottamente per 62 giorni completando 70 milioni di pressioni sui tasti. La tecnologia è promossa se dopo questi test la tastiera risulta ancora perfettamente funzionante. Abbiamo avuto la possibilità di dare un occhiata alle sale in cui povere tastiere e mouse vengono maltrattati per mesi. Un gran numero di macchine preme sui bottoni e diversi computer si occupano di registrare dati statistici che aiutano gli ingegneri a migliorare le prestazioni. La sala assomiglia a un qualsiasi laboratorio tecnico ma il ticchettio costante delle macchine sicuramente darebbe filo da torcere a un negozio di orologi a cucù! Fatto per altro confermato da uno dei dipendenti: alla lunga il rumore diventa davvero fastidioso. Per finire abbiamo dato un occhiata alla dark room (non cominciate a pensare male) dove vengono calibrate e provate le retroilluminazioni delle tastiere, come la Orion Spark. Ci è stato spiegato che Logitech utilizza uno speciale algoritmo per fare in modo che i tasti siano tutti illuminati allo stesso modo, con la stessa colorazione. Il problema coi tasti retroilluminati normalmente è la scarsa qualità dell’illuminazione, che spesso e volentieri è del tutto scostante. Grazie alla loro scienza (mica per niente lo slogan di Logitech G è “win with science”) che tiene conto del fatto che ogni led che illumina i tasti non è uguale agli altri, i tecnici riescono a calibrare via software i vari effetti di luce. Non sono riuscito a scoprire come fanno, dal momento che non impiegano una telecamera ottica, ad assicurarsi che i colori siano davvero uniformi. Probabilmente misurano la corrente che passa nei vari led, ma per proteggere le loro tecnologie si sono rifiutati di entrare nel dettaglio. Peccato!
Una questione di software e di persone
L’ultima parte del nostro giro turistico, per importanza e interesse, è stata la visita guidata alla parte software. Il simpatico omino Logitech ci ha illustrato le magie del software di gestione di mouse e tastiere. Software che personalmente non apprezzo, trovandolo fin troppo complesso e graficamente complicato. Simpatico, ma poco utile da un punto di vista prettamente di gioco, il complesso sistema per illuminare i vari tasti della Orion Spark a dipendenza di cosa succede in gioco. Possiamo immaginare una magia che si ricarica nel tempo che cambia la luce del tasto assegnato a rosso finché è in attesa per poi diventare verde una volta il potere disponibile. Possiamo immaginare che i tasti WASD diventino rossi per segnalare che ci si muove con quelli. Le possibilità cromatiche sono limitate solo dalla vostra fantasia e da quella degli sviluppatori.
Ciò che ho apprezzato e che, di riflesso, dovreste apprezzare pure voi è l’impegno che Logitech mette in quello che fa. La marca sponsorizza e usa come “cavie” diversi pro gamer a livello internazionale. Chi meglio di un atleta di e-sports può dare indicazioni precise su forma, funzionalità e confort dei vari mouse e tastiere? Ecco che alla giornata a cui ho partecipato abbiamo conosciuto membri di Cloud9, del team SoloMid e Alliance. Pro gamers del calibro di Sean “sgares” Gares, Jordan “n0thing” Gilbert, Spencer “Hiko” Martin della sezione dedicata a Counter-Strike: GO di Cloud9 testano continuamente i nuovi prodotti di Logitech G e forniscono importantissimi feedback. Fanno loro eco Mike “Wickd” Petersen (di Alliance) e Andy “Reginald” Dinh e Jason “WildTurtle” Tran rispettivamente terzi negli LCS la scorsa primavera e più popolare squadra del mondo di League of Legends. Per finire abbiamo incontrato anche Marcin “Gnimsh” Filipowicz, pro gamer di Heartstone. Ascoltando questi giovani di talento, di enorme talento in effetti, abbiamo dato uno sguardo non solo al lavoro che svolgono con l’hardware maker ma anche nella loro vita. Il discorso tra questi team e Logitech G è a due vie, grazie a lunghe sessioni di testing e di discussione il lavoro di perfezionamento e rifinitura dei vari hardware è costante. Si parte da questioni di filosofia (wireless o wired?) fino a posizione dei tasti, profondità dei tasti, lunghezza del cavo, peso, sensori e così via. Ogni singola componente viene discussa e analizzata. Di sicuro interesse è anche lo sguardo dato alla loro vita fatta di allenamenti costanti, 7 giorni su 7. Ragazzi che vivono nelle gaming houses americane, che si alzano alle 10 di mattina e giocano fino a mezzanotte. I team leader che si occupano di ogni dettaglio “secondario” della loro vita quale bucato, cibo e trasferte. C’è tutto un mondo che in Europa è ancora abbastanza sconosciuto ai più. Può far sorridere se sentiamo dire da questi ragazzi che non possono uscire di casa senza ricevere richieste d’autografi, ma se teniamo conto che le varie finali dei campionati mondiali di e-sports hanno più spettatori degli sport tradizionali, ci rendiamo conto che quella dei campioni mondiali di videogames è una realtà fatta per restare. E come gli sportivi tradizionali, anche quelli degli e-games hanno allenatori, allenamenti quotidiani e aziende che collaborano con loro non solo quali sponsor ma anche a livello tecnico.
Una giornata da ricordare
La mia visita al Daniel Borel Innovation Center di Losanna è stata davvero da ricordare. Mi ha permesso di dare uno sguardo da vicino ai processi produttivi dei vari prodotti Logitech, di parlare con persone che li realizzano e di confermare i risultati con dei pro-gamers. Una giornata interessante che è andata al di là di quelli che sono i comunicati stampa e del frastuono stordente della Gamescom. Logitech G è solo uno dei marchi che realizza periferiche dedicate ai giocatori più esigenti, ma da quanto abbiamo visto è sicuramente uno degli hardware makers più attenti e scrupolosi in quello che fa. Speriamo che, tramite queste parole, pure voi abbiate potuto godere di un soddisfacente tour virtuale!