La nebbia e i primi freddi autunnali ci offrono il contesto ideale per giocare a un’avventura grafica un po’ cupa e misteriosa… The Shopkeeper potrebbe dunque essere un buon candidato per occupare le nostre grigie giornate?
Forse, ma solo se siamo disposti a credere a quanto Verse Publications annuncia riguardo al proprio gioco!
Le Storie nella storia
In The Shopkeeper il giocatore impersona un giovane uomo d’affari, il cui talento è in verità messo in discussione, e lo aiuta nel difficile compito di cercare un regalo per la ricca suocera, un’imprenditrice dal carattere non facile che lo detesta apertamente. La soluzione potrebbe trovarsi in un negozio di antichità, dove ogni oggetto ha una sua affascinante storia.
Un cartone animato interattivo
Esteticamente, The Shopkeeper gioca le sue carte migliori. La grafica, affidata a un illustratore, ci proietta in un mondo da fumetto: le schermate degli ambienti sono piuttosto belle, anche se fisse, e la rappresentazione dei personaggi è davvero accattivante. Pure le animazioni, tutt’altro che fluide, sembrano essere più una scelta voluta che una limitazione di costi o nelle capacità degli sviluppatori.
Dal punto di vista sonoro, non c’è nessuna musica, ma solo il parlato dei personaggi e qualche effetto speciale. I dialoghi sono recitati abbastanza bene, rigorosamente nella lingua di albione. È importante precisare che non ci sono sottotitoli: The Shopkeeper esige dunque una padronanza linguistica dell’inglese più che buona.
Un’esperienza contemplativa?
Il gameplay si limita a due azioni: puntare degli oggetti con il mouse o scegliere una frase da far dire al protagonista nei discorsi con la suocera. Ed è tutto. Non ci sono enigmi da risolvere e il tutto si riduce a interagire in maniera casuale con gli ambienti, perché non c’è nessuna logica o senso che giustifichi le nostre azioni.
L’interfaccia di gioco è di gran lunga la peggiore che il sottoscritto ricordi in un’avventura grafica. Ogni azione è basata sul tempo: non è infatti possibile far muovere i personaggi, che agiscono di loro spontanea volontà a un momento preciso e reagiscono in base all’ultimo oggetto selezionato. Questo meccanismo ha un impatto estremamente negativo: non c’è il tempo di studiare l’ambiente con calma, ma bisogna passare più e più volte per le stesse sequenze di gioco, ascoltando in maniera ripetuta dialoghi che non variano di una virgola e aspettando che il gioco decida di mostraci infine l’ambiente che ci interessa. Oltretutto, i personaggi camminano molto lentamente, alimentando ancora di più il senso di frustrazione del giocatore, che passa troppo tempo a guardare e quasi mai a fare.
Gli sviluppatori cercano di vendere il gioco come se fosse un’esperienza contemplativa… Beh, sono solo parole per nascondere i limiti del gameplay!
The Shopkeeper dovrebbe (re)stare in un negozio
Il grande problema di The Shopkeeper è che non è un’avventura grafica. Invero, The Shopkeeper non è neppure un gioco. Mancano infatti tutti gli elementi fondamentali del design che permettano di definire un gioco come tale. Innanzitutto, le regole di gioco non sono definite: il gameplay sembra di primo acchito quello di un’avventura grafica, ma in verità il giocatore non sa mai cosa fare per poter progredire.
Non si capiscono neppure le condizioni di vittoria: chi scrive sa di aver “finito” il gioco solo perché sono stati sbloccati i successi che lo annunciano. Infatti, la storia ricomincia automaticamente e non si nota nessuna differenza rispetto a quando le azioni sono errate.
The Shopkeeper manca poi di un tema e di uno scopo che stimolino il giocatore a vivere l’esperienza di gioco: quello di cercare un regalo per la suocera è tuttalpiù un pretesto per cominciare l’avventura.
A questi errori di game design si aggiunge la pochezza di contenuto: quattro personaggi, cinque ambienti e una decina di dialoghi da scegliere. È pur vero che il prezzo del gioco è estremamente basso, ma in un’ora il giocatore ostinato ha ampiamente scoperto tutto quello che l’esperienza ha da offrire.
Per concludere, The Shopkeeper potrebbe forse ambire a un voto sufficiente se fosse venduto come storia interattiva. Purtroppo, nonostante l’indubbio fascino iniziale, va assolutamente evitato come gioco.