Una micro recensione/news per segnalarvi che Gone Home, l’avventura grafica esplorativa sviluppata dallo studio indipendente The Fullbright Company e che ha definito un genere, è ora finalmente disponibile anche per console!

Tutta colpa di Esther…

Gone Home è uno dei più importanti giochi indie degli ultimi anni. Un’avventura nata sulla scia emozional-narrativa aperta da Dear Esther. Uno di quei giochi-non-giochi in cui non c’è azione, non ci sono enigmi da risolvere, non ci sono ostacoli da superare, ma in cui bisogna solo esplorare l’ambiente e interagire con qualche sporadico oggetto. L’adrenalina lascia spazio all’emozione e all’introspezione. Emozioni che in Gone Home ci portano in un mood malinconico, a volte anche struggente, e che la colonna sonora così come gli ambienti di gioco, iconografici al punto giusto, aiutano a contestualizzare il tutto negli Stati Uniti degli anni 90. Un’America che rifletteva la rabbia e il disagio dei giovani.

È quasi superfluo parlare del lato tecnico, ma sappiate che è stato fatto un ottimo lavoro con questa conversione. La novantina di minuti di gioco riescono a rapire il giocatore senza farlo incappare in bugs di rilievo mentre l’interfaccia, semplice ed efficace, e le opzioni riprendono di pari passo quelle della controparte da scrivania.

Home sweet home…

Sul genere delle avventure narrative ne avevamo già parlato in occasione della recensione di Dear Esther, il primo gioco realizzato dai ragazzi di The Chinese Room, giochi che puntano tutto sull’aspetto narrativo, enfatizzando le emozioni ed offrendo una profonda esperienza che rimane impressa nella mente del giocatore anche dopo avere portato a termine la sfida ludica. Con Gone Home vivremo e ascolteremo una storia toccante, dolce, struggente ma anche molto coraggiosa raccontata da una voce femminile fuori campo. Ennesima prova che il medium videoludico è maturato ed è in grado di raccontare storie come nessun altro mezzo. Giocate, sciocchi!