L’hype è una cosa meravigliosa. Ci fa desiderare ardentemente qualcosa mesi e mesi prima che questa cosa esiste. Ci fa sognare, ci fa impazzire. Ma l’hype fa bene? Spesso e volentieri, no. L’hype genera aspettative irrealistiche, smuove migliaia di fan, cattura la nostra fantasia spesso senza nessun motivo. L’hype va bene per certi giochi ma decisamente non va bene per altri. Ma No Man’s Sky da che parte sta nell’universo dell’hype?
Lo spazio infinito
No Man’s Sky si è posto un obiettivo davvero molto ambizioso: creare un universo praticamente infinito. Ed in effetti questo gioco d’esplorazione spaziale offre quindici quintilioni (15,000,000,000,000,000,000) diversi pianeti da scoprire ed esplorare. Un universo talmente vasto che è impossibile da scoprire tutto, non solo per un giocatore unico ma anche se tutta l’umanità decidesse di dedicare un anno intero a questo scopo. Ma in tutta questa sconfinata vastità, cosa dobbiamo fare noi? Beh, questo gioco di Hallo Games semplicemente ci invita ad andare “dove nessuno è mai giunto prima”, scoprire nuovi mondi, scendere sulla loro superfice per scoprirne fauna e flora e dare un nome a tutto ciò che troviamo. No Man’s Sky è un gioco generato proceduralmente mentre lo esploriamo. Ovvero, nessuno ad Hallo Games si è messo a disegnare a mano ogni pianeta ma essi sono creati in base a determinate regole matematiche in modo sempre nuovo e apparentemente casuale. Tutto in No Man’s Sky viene creato da queste regole che sembrano casuali (ma che in realtà non sono): pianeti, piante, animali. Giocare a No Man’s Sky è un’esperienza surreale: lo sconfinato universo è appena fuori dalla cupola della nostra astronave e non aspetta altro che essere scoperto. È una sensazione strana sapere di non poter vedere tutto quanto, ci mette di fronte ai nostri limiti come esseri umani e al contempo è una molla che ci spinge alla prossima curvatura, al prossimo sistema, al prossimo atterraggio. Cosa si nasconderà nel sistema solare oltre quello in cui siamo ora?
Nello spazio non c’è bisogno di urlare
No Man’s Sky inizia con il giocatore bloccato sulla superfice di un pianeta sconosciuto. La nostra astronave è gravemente danneggiata e le risorse energetiche per mantenere il supporto vitale della nostra tuta operativo sono in diminuzione. Oltre a dover raccogliere preziose risorse per restare in vita però ci accorgiamo di non essere completamente soli. Oltre a strani animali che pascolano attorno a noi c’è una presenza. L’Atlante, una misteriosa forza, ci chiama. L’Atlante ci affida una missione: seguire la sua strada verso il centro dell’universo: una missione nell’incognita più estrema. Ma prima di seguire questa missione abbiamo da fare: riparare il nostro piccolo vascello e lasciare la superfice del pianeta. Da subito scopriamo che No Man’s Sky è un gioco di risorse: da un lato dobbiamo raccogliere vari tipi di sostanze e materiali (dal carbonio al plutonio, iridio e oro senza dimenticare oggetti più curiosi) e dall’altro combattiamo costantemente con la ristrettezza del nostro inventario. Certo, mano a mano che giocheremo potremo aumentare gli slot disponibili sia nella tuta che nell’astronave ma dovremo costantemente rinunciare a qualcosa di prezioso in favore di qualcosa di vitale. Una meccanica interessante all’inizio che però diventa parecchio fastidiosa col passare delle ore perché ad ogni necessario potenziamento dei nostri strumenti va dedicato uno slot. Vogliamo l’astronave in grado di volare più lontano durante la curvatura? Uno slot. Vogliamo saltare più in alto col jetpack? Uno slot. Vogliamo che il sistema di raffreddamento della nostra arma sia miglior? Ancora un altro slot, grazie. Non solo dobbiamo diventare pazzi nel gestire le nostre risorse ma dobbiamo anche scegliere se diventare più potenti e performanti a discapito della quantità di oggetti che possiamo trasportare. Uno strazio! Nello spazio non ci sarà bisogno d’urlare (che tanto non ci sente nessuno) ma di sicuro viene voglia!
Tanto da vedere, poco da fare?
No Man’s Sky offre tantissimo da vedere. E quello che c’è da vedere è spesso spettacolare. Visivamente il gioco sa offrire scorci magnifici nonostante la scarsità di dettagli e la piattezza di alcune texture (limite del motore grafico basato su voxel invece dei tradizionali poligoni). La direzione artistica di questo gioco ci ricorda le copertine di alcuni vecchi libri di fantascienza (tipo quelli della serie Urania) o dei vecchi film o serie tv. Colori caldi, accostamenti arditi, giungle lussuose e deserti sconfinati. Spesso incontreremo la vita, che siano animali generati in modo casuale o una delle tre specie aliene con cui potremo interagire, scambiare e commerciare. Esiste una componente di avanzamento dal momento che una delle nostre missioni è quella di scoprire templi e manufatti in modo da aumentare la nostra comprensione delle lingue aliene ma la cosa è del tutto facoltativa. Poco importa davvero di comprendere i vaneggiamenti di un Vy’keen quando la nostra missione è quella di vedere tutto quanto. Quello che importa è arrivare al centro dell’universo, sia seguendo il nostro istinto, sia percorrendo la via tracciata dall’Atlante o andare seguendo la carta stellare. La meta è definita, il percorso è a nostra discrezione.
Peccato che No Man’s Sky diventi terribilmente ripetitivo dopo qualche ora. All’inizio è tutto nuovo e eccitante: i pianeti e i sistemi solari sono molto diversi tra loro, il mistero dell’Atlante è misterioso e la voglia di passare qualche ora a farmare per ottenere l’astronave più bella è tanta. Ma dopo 10 o 20 sistemi solari diversi ma simili la noia sopraggiunge. Certo, capita di imbattersi in qualche evento che ci sorprende come l’uscire dalla curvatura nel pieno di una battaglia stellare. Oppure far arrabbiare delle sentinelle (robot volanti che troviamo su ogni pianeta) può scatenare un breve ma intenso combattimento tra noi e loro. Qualche pianeta più bizzarro degli altri ci sorprende. Ma la realtà è che No Man’s Sky non offre nulla di più della pura esplorazione oltre la frontiera. Non c’è una vera trama portata avanti da personaggi e colpi di scena. Non c’è un multiplayer degno di questo nome (l’universo è condiviso, si, ma le chances di incontrare qualcun altro sono virtualmente inesistenti). Non c’è nulla di davvero eccitante, là fuori. Non che in effetti Hallo Games abbia mai cercato di venderci questo No Man’s Sky come se fosse Star Citizen o Space Engineers.
Una vittima dell’hype
Questo gioco è stato vittima dell’hype. Un titolo avveniristico e pionieristico, creato da un piccolo team di sviluppatori indipendenti mediatizzato fino a creare aspettative fuori scala. Intendiamoci, è un titolo interessante che ha un suo innegabile fascino. Esplorare pianeti, passando da uno all’altro senza caricamenti o teletrasporti, è un’attività rilassante. Ma tutti coloro che si aspettavano il gioco MMO spaziale definitivo saranno rimasti delusi. Uno dei motivi è anche che il gioco viene venduto a prezzo pieno sia su PC che su PS4 (la versione che abbiamo testato noi). Questo gioco è un gioco per pochi eletti: necessari sono l’amare la fantascienza retrò, adorare l’esplorazione fine a sé stessa e avere la pazienza di gestire l’inventario. Altrimenti finirete come il sottoscritto (che ama la fantascienza retrò ma non l’esplorazione fine a sé stessa): dopo 10 o 15 ore sarete semplicemente stufi. Avrete passato delle ore piacevoli ma difficilmente vorrete tornarci nel cielo infinito di Hallo Games senza un’ottima scusa per farlo.
The Good
- Universo infinito
- Visivamente ispiratissimo
- Atmosfera zen
The Bad
- Ripetitivo dopo poche ore
- Gestione dell'inventario