Death Stranding 2: On the Beach

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Death Stranding 2: On the Beach

Dopo l’anteprima corposa che avevamo testato qualche tempo fa, e di cui vi avevamo raccontato, arriva ora la nostra recensione definitiva di Death Stranding 2: On the Beach, l’ultima opera di Kojima Productions, nonché sequel del titolo uscito nel 2019, anticipando all’epoca uno scenario così terribilmente vicino a quello che sarebbe successo di lì a pochi mesi con l’isolamento forzato delle persone, dettato dalla pandemia di Covid-19.

Cosa ci ha riservato questa prova definitiva? Ve lo raccontiamo nel corso di questa nostra recensione, dopo parecchie ore di gioco che ci hanno portato in territori ancora inesplorati nel mondo di Kojima Productions!

Death Stranding 2: On the Beach: in viaggio verso il Messico

Il corriere Sam Porter Bridges non ha smesso di correre. Neanche stavolta. Pensava di potersi ritirare “a vita privata” con il piccolo Bridge Baby Lou, quando scopre di essere ancora necessario. La sua vecchia compagna, Fragile, torna però a fargli visita per chiedergli di fare un’ultima consegna in Messico. Un viaggio che, in realtà, andrà molto oltre quella terra a sud degli UCA. Se tornare alle vecchie meccaniche è stato facile (pianificazione dei percorsi, ottimizzazione dell’equipaggiamento, far fronte a terreni impervi e ai pericolosi BT), si apre di fronte a noi anche un gigantesco portale verso l’altro capo del mondo, l’Australia. E con essa, la possibilità di ricollegare non solo l’America, ma di nuovo il mondo intero.

Inizia così il nostro percorso che unisce tradizione e innovazione, con ordini da accettare e consegne da ricevere, sulle quali incide anche il ciclo giorno-notte, interessante implementazione di questo secondo capitolo. Non l’unica innovazione: sia le meccaniche di combattimento che quelle stealth sono molto più elaborate e stratificate rispetto al primo capitolo, e nessun approccio è davvero giusto o sbagliato. Siamo noi i fautori del nostro destino, e di quello di Sam, e del nostro cammino ancora in terre bruciate e arse dal sole, piovose o ancora decisamente lussureggianti e rigogliose, con le conseguenti possibilità di modificare il mondo secondo le nostre volontà.

Vecchie e nuove abitudini (e volti)

L’atmosfera che si respira in Death Stranding 2: On the Beach è di nuovo molto peculiare, oltre a permetterci di incontrare volti familiari e nuovi, a partire da Tarman, personaggio basato sul regista di Mad Max, George Miller, alla guida della base mobile, la DHV Magellan; Rainy, legata a doppio filo con la cronopioggia, Dollman, anch’egli ispirato al regista tedesco-turco Fatih Akin e che potremo lanciare in aria per osservare con più dettagli quanto ci circonda.

Non solo volti vecchi e nuovi, ma anche meccaniche di gameplay che stentano ad abbandonarci dallo scorso capitolo: siamo ancora una volta chiamati a costruire scale per superare dirupi e fiumi impetuosi, stazioni postali e rifugi che proteggono dalla cronopioggia, senza farci mancare le consuete torri per spiare i nemici. E come avevamo già avuto modo di assaggiare nel primo capitolo, l’unione fa la forza anche in DS2, dove la riattivazione di miniere e sistemi monorotaia ci consentiranno di perlustrare al meglio il mondo, e di aiutare anche altri corrieri per facilitare il ritorno alla normalità delle vite umane. Che rimane appunto il focus principale di questa avventura: il ritorno alla connessione tra vite umane, alla socializzazione e alla normalità.

Un fantastico mondo apocalittico tutto da scoprire

Come è ovvio che sia, anche il secondo capitolo di Kojima Productions prevede sia missioni primarie che secondarie, e il tutto, fatto bene o male con un certo desiderio di completismo, non potrà durare meno di circa 45-50 ore, tralasciando chiaramente il desiderio di esplorare in lungo e in largo il denso mondo post apocalittico presente al suo interno. Se vi cimenterete anche in questa possibilità, le ore aumenteranno a dismisura, e potremo soltanto comprendere la vostra decisione: i paesaggi hanno presentato una cura grafica e tecnica decisamente importante, di altissimo livello e che non ha mostrato (quasi mai) il minimo segno di cedimento del framerate sulla nostra PS5. 

Forse un po’ meno performante in alcuni momenti è stata la resa dei movimenti di Sam, che ha un po’ “grattato” sullo schermo sin dall’inizio nel corso della nostra avventura, ma non ci sono stati particolari problemi ulteriori nel corso della prova di questa versione completa. Un piccolo difetto che non ha per nulla inficiato la nostra esperienza, dettata invece da uno storytelling complesso che rimette in discussione tutto quanto era stato visto nel primo capitolo. Vengono anche approfondite alcune tematiche molto attuali, tra le quali il crescente dominio delle corporazioni private, l’uso delle Intelligenze artificiali, pronte a sostituire l’uomo in molte mansioni, e la crescente violenza nel mondo. Il tutto, lo ribadiamo, reso ancora più coinvolgente dalla grafica e dal talento degli attori coinvolti, in grado di caratterizzare dei personaggi davvero ben scritti, tra soliti eroi e robot umanoidi armati fino ai denti.

In conclusione

Chi aveva giocato al primo Death Stranding lo sa bene: all’epoca, Kojima aveva parlato infatti della teoria del bastone e della corda, una metafora che identificava con la figura del bastone lo strumento utilizzato per allontanare le persone e difendersi, mentre con la corda voleva simboleggiare quello che le persone volevano legare a loro stesse, avvicinandolo. Il primo capitolo della saga era basato principalmente sulla metafora della corda, in un mondo in cui tutti gli altri videogiochi usano il bastone. Adesso però questa intera metafora è stata messa in discussione, soprattutto per via degli avvenimenti ben poco felici a cui purtroppo assistiamo ogni giorno nel mondo reale, come ha sottolineato Kojima stesso.

Non ci resta che lasciarvi godere l’avventura in Death Stranding 2: On the Beach, senza darvi ulteriori spoiler e anticipazioni su quanto troverete in questo titolo, che offre a ogni passo tanti spunti interessanti di riflessione, legati al tema delle connessioni umane e della teoria qui sopra appena ricordata. Specialmente in un mondo dove i rapporti sono sempre più affidati al virtuale e al fittizio. Per comprendere però completamente qual è il messaggio che Kojima ha voluto affidare al suo secondo capitolo di Death Stranding dovrete aspettare l’arrivo di questo titolo nella sua versione finale, prevista in uscita il prossimo 26 giugno. Qualunque esso sia, crediamo possa riuscire a far parlare di sé a lungo, e non vediamo l’ora di scoprire effettivamente cosa sortirà da questo titolo.

The Good

  • Ottima narrazione
  • Comparto grafico potente...
  • Colonna sonora d'autore
  • Longevità decisamente importante

The Bad

  • Gameplay un po' troppo simile al primo DS
  • ... ma con qualche graffio sullo schermo nei movimenti durante la partita
5

Written by: Blondienerdie

Pad alla mano da 6 anni, ancora mi chiedo se Squall sia vivo o morto. Sed non satiata.

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