Croc: Legends of the Gobbos Remastered

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Croc: Legends of the Gobbos Remastered

Croc! Per chi vi scrive è un vero tuffo nel passato, con pomeriggi a giocare a Croc su PlayStation (1) e poi su PC, nei gloriosi 640×480 che solo una VooDoo 2 sapeva offrire! Un plaform della prima ora, in un genere che aveva appena fatto capolino sui CRT dei giocatori di tutto il mondo. Come a dire che tra Crash, Mario e Spyro, che ancora oggi fanno battere il cuore grazie a riedizioni ben fatte, c’era anche lui: Croc.

Forse non una superstar dello stesso calibro, ma un coccodrillo con uno zainetto che si è ritagliato un posto speciale nei ricordi di molti. E ora, in un’era dove tutto ciò che è vecchio torna nuovo (a volte con risultati discutibili!), Argonaut Games, essa stessa rinata dalle ceneri, ci riporta proprio quel Croc: Legend of the Gobbos. Sarà solo nostalgia o c’è ancora del mordente nella fauci di Croc?

Una storia stratificata

La storia, diciamocelo, è un classico pretesto da platform anni ’90. Il piccolo Croc, trovatello cresciuto dalla pacifica tribù dei Gobbo (degli strani affarini pelosi) vede la sua idilliaca esistenza sconvolta dal cattivone di turno, il Barone Dante. Rapimenti, isole da esplorare, un eroe improbabile che parte all’avventura… insomma, niente che non si sia già visto, ma raccontato con quel fascino un po’ naïf e cartoonesco che funzionava allora e strappa un sorriso ancora oggi. Non aspettatevi trame complesse alla God of War, qui si salta e si mena! La vera sorpresa narrativa, per i fan più accaniti, si nasconde però negli extra: la “Crocopedia” riesuma addirittura dettagli e concept di una serie animata mai realizzata, offrendo uno sguardo inedito sul lore che circonda il nostro rettile preferito. Un “director’s cut” narrativo che non cambia il gioco, ma arricchisce il contorno.

KA-POW! Ma il tank lo lasciamo negli anni 90

Parliamoci chiaro: il più grande incubo dei platform 3D primordiali erano spesso i controlli. E Croc originale, con i suoi “tank controls”, non faceva eccezione. Bene, la notizia migliore di questo remaster è che quei controlli legnosi sono stati relegati (opzionalmente) al D-pad, per i puristi o i masochisti. Di base, ora Croc si muove con la fluidità che ci si aspetta da un gioco moderno, grazie al pieno supporto agli stick analogici e a una telecamera finalmente libera. È una differenza dal giorno alla notte, che rende l’esperienza tremendamente più godibile e reattiva, non c’è parecchio più facile rispetto al giocarlo con il controller originale della PS1 o delle freccette sulla tastiera! Salterete, userete la coda a mò di elicottero e pesterete i nemici con il “ground pound” (il classico schianto a terra) con una precisione prima impensabile. Curiosamente, qualche veterano potrebbe notare che in rarissime situazioni, figlie del level design originale, il vecchio D-pad offre quasi una precisione chirurgica inaspettata, ma per il 99% del tempo vorreste tenervi ben stretti gli stick analogici. Il feeling generale è ottimo: Croc ha un suo peso, ma il gioco sembra quasi darvi una “spintarella” magnetica per centrare le piattaforme, senza però risultare “galleggiante” o togliere il controllo. Si sente che è lo stesso gioco, ma giocato meglio.

Cristalli, gabbie e qualche grattacapo

La struttura di Legend of the Gobbos è rimasta fedele all’originale. Livelli lineari, suddivisi in piccole stanze interconnesse, zeppi di cristalli da raccogliere (che fungono da energia vitale, un po’ come gli anelli di Sonic: vieni colpito, li perdi tutti!) e sei Gobbo da liberare per ogni stage. Trovarli tutti, assieme a speciali cristalli colorati, apre le porte a livelli bonus e, alla fine, a un mondo segreto. Se all’inizio l’impresa sembra una passeggiata, con nemici innocui e puzzle basilari (trova la chiave, apri la gabbia), non fatevi ingannare. Il gioco alza l’asticella abbastanza in fretta: le piattaforme si fanno più strette, i nemici più fastidiosi (magari piazzati proprio sul bordo dove dovete atterrare!), le vite extra scarseggiano e perdere quei cristalli diventa molto più punitivo, magari vedendoli volare giù da un dirupo. C’è persino qualche puzzle ambientale basato sulla distruzione o lo spostamento di casse che, se affrontato con leggerezza, può bloccarvi la strada. Serve un po’ più di testa e, a volte, la cosa migliore è finire il livello e tornare dopo con più vite (magari farmate nei primi stage) per completare la raccolta. È una sfida dal sapore decisamente retrò, che piacerà agli amanti del genere “pane e platform”.

Dove il gioco mostra un po’ la corda, anche in versione remaster, è nei combattimenti contro i boss. La sostanza è spesso ripetitiva: schiva l’attacco prevedibile, colpisci nella breve finestra di vulnerabilità, ripeti. Facili e poco ispirati, non rappresentano mai un vero ostacolo. A questo si aggiunge però il fatto che le hitbox non sempre precisissime (specialmente sui boss, rendendo frustrante colpirli quando sono storditi) e una telecamera che, pur migliorata, ogni tanto fa qualche capriccio. Niente che rovini l’esperienza, ma piccoli spigoli di un’epoca passata. E sì, il gioco resta piuttosto breve: aspettatevi circa 4-5 ore per vedere i titoli di coda, un po’ di più se puntate al 100%.

La Crocopedia

Se sul fronte dei contenuti ludici aggiuntivi si resta a bocca asciutta (niente livelli nuovi, peccato!), il pacchetto si riscatta alla grande con gli extra. La “Crocopedia” è una vera e propria miniera d’oro per appassionati e curiosi di storia videoludica. Interviste agli sviluppatori (originali e attuali), documenti di design, concept art inediti (anche di possibili protagonisti alternativi!), analisi delle musiche (con entrambe le colonne sonore, originale e riarrangiata, disponibili), la già citata “bibbia” della serie TV cancellata e persino – chicca assoluta – una guida per creare il vostro Croc all’uncinetto! Un lavoro certosino che dimostra l’amore e il rispetto per il materiale originale.

Tecnicamente coccodrilloso?

Visivamente, il remaster fa un lavoro egregio. Non aspettatevi la grafica spacca-mascella di un titolo current-gen nativo, ma la pulizia è notevole. Asset, personaggi e geometrie dei livelli sono stati ricostruiti con più poligoni, nuove texture in 4K e un sistema di illuminazione moderno (con tanto di ombre dinamiche e occlusione ambientale), ma sempre nel pieno rispetto dello stile originale. Il risultato è un look che appare pulito e definito, ma inequivocabilmente retrò e fedele. La possibilità di attivare/disattivare separatamente i vari miglioramenti (geometria, texture, filtri, illuminazione) o persino di tornare alla grafica PS1/PC originale è la ciliegina sulla torta per i puristi.

Chi l’avrebbe mai pensato nel ’97?

Abbiamo giocato su PC in 4K con una 7900XTX che, con tutta probabilità è rimasta a girarsi i pollici. Nessun problema, insomma, a far girare questo titolo su macchine potenti ovvio ma anche quelle più limitate non avranno problemi. Abbiamo provato il gioco anche su Steam Deck e gira con tutte le impostazioni massimi a 60 fps. Certo, c’è il relativo “fastidio” del fatto che su PC Croc è un’esclusiva GOG ma se volete installarlo su Steam Deck non è un grosso problema.

Vale la pena fare il Tuffo?

Croc: Legend of the Gobbos Remastered è esattamente quello che dovrebbe essere un remaster rispettoso: un’operazione che leviga gli spigoli più fastidiosi del passato (primi fra tutti i controlli), abbellisce l’aspetto senza tradirne l’anima e aggiunge un contorno di extra ricco e interessante. Certo, la semplicità intrinseca del gameplay e la struttura a tratti ripetitiva rimangono quelle del 1997, così come la breve durata e i boss dimenticabili.

È un gioco pensato prima di tutto per chi ha amato l’originale e desiderava rigiocarlo in una veste moderna e finalmente accessibile. Per loro, è un acquisto quasi obbligato, un tuffo nel passato reso dolce dalle migliorie moderne. Per i neofiti? È un platform 3D onesto, carino, con un suo perché storico e una sfida dal sapore vintage, ma non aspettatevi le vette raggiunte dai classici del genere o la complessità dei titoli odierni. Se cercate un’esperienza rilassante, un platform “vecchia scuola” da giocare a piccole dosi e siete affascinati dalla storia dei videogiochi (grazie all’ottima Crocopedia), dategli una chance. Chissà che questo non sia il primo passo per un ritorno più corposo del coccodrillo Argonaut…

The Good

  • Controlli moderni eccellenti
  • Grafica fedele e pulita
  • Extra storici abbondanti
  • Charme originale preservato

The Bad

  • Gameplay di base semplice
  • Hitbox dei boss
  • Durata complessiva breve
  • Telecamera a tratti scomoda
5

Written by: Dave

Editor in Chief di Joypad, lo trovate anche sui social @MrPipistro

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